ITALO IL BUONO, MISTER EMERGENZA
Ha vissuto momenti difficili e altri trionfali. Al termine della stagione 81/82 sfiorò la salvezza dopo aver vinto la Mitropa Cup. Poi, accanto a Sacchi e Capello negli anni trionfali dell’era Berlusconi.
Italo Galbiati, scopritore di talenti, allenatore in seconda, uomo che ha sempre prediletto di stare dietro le quinte. Da giocatore fu un mediano, con un passaggio anche all’Inter. E’ uno che sa di Milan come pochi, avendo vissuto vari momenti della società rossonera. Nei primi anni 80 fu chiamato spesso a portare a termine alcuni campionati, dopo esoneri e abbandoni improvvisi.
Fu così nel giugno ’81: Giacomini, a promozione acquisita, si dimise in aperta polemica con Rivera e Vitali. In panchina, nell’ultima giornata di B, contro il Pescara, andò Galbiati che poi guidò il Milan nella prima edizione del Mundialito Clubs, kermesse che sancì il ritorno rossonero nel calcio che conta. Con Gigi Radice, chiamato a riportare in alto i colori rossoneri, Italo occupò nuovamente il ruolo di secondo, un braccio destro affidabile, competente ed umile.
La squadra rossonera, che sembrava in grado di competere con le grandi della A, finì nelle secche ammorbanti del fondo della classifica, da dove non riuscì a risalire. Esonerato l’ex tecnico del Toro scudettato nel ’76, Galbiati fu chiamato ad una vera “missione impossibile”, la salvezza, avendo preso il diavolo al penultimo posto, con soli 12 punti dopo sedici giornate, in piena bagarre retrocessione.
Il risveglio dei rossoneri arrivò fuori tempo massimo, vanificando persino un finale di stagione con un andamento da squadra in lotta per il titolo. Da allenatore “titolare” ha conquistato soltanto la Mitropa Cup, quel mercoledì 12 maggio ’82 in cui il Milan piegò i cecoslovacchi del Vitkovice con i gol su rigore di Baresi e Jordan e la staffilata da cineteca di Cambiaghi.
A Cesena, nel pomeriggio che condannò il Milan alla seconda retrocessione, rimase la sua espressione delusa dopo aver appreso del pareggio del genoano Faccenda, complice il “pasticciaccio” di Castellini.
Tornò vice-allenatore con Ilario Castagner, con il quale condivise la trionfale cavalcata nella B 82/83. Un anno dopo, Farina affidò a Galbiati la panchina dopo l’esonero dell’ex tecnico del Perugia, accusato dal presidente rossonero di essersi accordato con l’Inter.
Dal “Piccolo diavolo” al “Diavolo dominatore” passarono pochi anni. Nel 1987/88 era il vice di Arrigo Sacchi. Stagioni che hanno permesso a Galbiati, che rimase vice anche con Fabio Capello, di seguire da un osservatorio privilegiato l’epopea del Milan trionfatore in Italia, in Europa e nel Mondo.
Nel febbraio del 1992, il grande “milanogo” del Corriere della Sera, Alberto Costa, lo definì “un'istituzione rossonera”. Il supervisore del settore giovanile, l’abile scopritore di talenti, successivamente svezzati con grande competenza, l’osservatore capace di restare ad alti livelli per anni e anni.
“Un bonario carabiniere in rossonero”, aggiunse Costa, capace di “dare ripetizioni di tecnica calcistica a chi avverte la necessità di un aggiornamento professionale”, per limare i piedi, come amava ripetere Galbiati.
Il migliore ritratto di Italo Galbiati è quello che una marca di figurine pubblicò nei primi anni Novanta. Eccolo: “Lui che di cose rossonere ne sa come pochi e che potrebbe raccontarle per giorni sulle prime pagine di tutti i giornali, preferisce continuare il suo lavoro. Sul campo, fra i suoi ragazzi, a fianco dell'allenatore. Grande depositario di tutto, esternatore del nulla. Galbiati sa dare valore al silenzio”.
by Sertac